La carovana errante, che per l’orecchio comune appare come una rustica onda sonora, per il pastore è il canto inconfondibile della propria terra, quello che ogni primavera riaccende memorie, emozioni, nostalgie, compagno nella solitudine delle notti estive e promessa, d’inverno, di una nuova partenza, motivo di orgoglio nelle transumanze e voce solenne degli antenati. Attraverso i campanacci, oggetti simbolo del mondo agro- pastorale, si narrano le storie e le tradizioni di un mondo atavico, spesso nascosto, ma tuttora fiero e vitale. È la prima catalogazione italiana dei modelli che mutano da valle a valle e vuol essere memoria e tributo alle generazioni di fabbri che hanno scelto di sporcarsi le mani per vincere la resistenza del ferro e piegarlo alle variegate armonie che da millenni punteggiano i silenzi dei nostri pascoli alpini.
Giovanni Mocchi, entomusicologo, docente di Storia e Filosofia nei licei e incaricato presso l’Università degli Studi di Pavia in ambito pedagogico-musicale, ha dedicato diverse pubblicazioni agli strumenti sonori del mondo agro-pastorale. È autore o coautore di diverse pubblicazioni etnografiche anche sui temi organologici e musicali. Sua è la ricostruzione dei paesaggi sonori agresti dell’Antica Roma attraverso uno studio di testimonianze archeologiche e letterarie dell’epoca: I Tintinnabula. Il suono ritrovato in Academia. È fondatore del gruppo facebook “Campanacci d’Italia” che conta quattordicimila iscritti.
Libro di riferimento: Campanacci d’Italia. Le origini e l’arco alpino Edizioni Festival Pastoralismo